E’ di imminente stampa il libro ‘ANGELO DA ORVIETO GENIO DEL SUO TEMPO’, frutto di due anni di ricerche condotte dall’architetto Gaetano Rossi sull’opera dell’orvietano che ha progettato il Palazzo dei Consoli e al quale Rossi, in collaborazione con l’architetto Spartaco Capannelli, ha dedicato un precedente libro ‘La Platea Comunis e i palazzi pubblici di Gubbio’. Qui gli autori, grazie alla rigorosa analisi sull’epigrafe del portale, danno ancora maggiore consistenza alla tesi che attribuisce senza alcun dubbio al progettista orvietano la realizzazione della ‘fabbrica’ eugubina, la cui costruzione, pensata per la gloria della città, fu decisa nel dicembre del 1321. Ora, Rossi riesce a dimostrare un collegamento tra l’opera di Angelo da Orvieto, Arnolfo di Cambio e Lorenzo Maitani e arriva alla conclusione dell’esistenza, tra i secoli XIII e XIV, di una ‘scuola senese’ che ha allargato la sua influenza in Umbria. «Alcuni elementi delle strutture architettoniche – spiega Rossi – si trovano in particolare negli edifici civici di Gubbio e Città di Castello: il rettangolo aureo, il metodo di proporzionamento “a quadratum”, la serie di Fibonacci, tutte regole che hanno caratterizzato l’opera di Arnolfo, ampiamente utilizzate anche nella definizione di Palazzo Vecchio, come dimostrato da illustri studiosi. C’è un elemento che sono riuscito a rintracciare nelle opere di Angelo, Arnolfo, e Lorenzo ed è una misura metrica costante, di multipli e sottomultipli, che si ripete nel Palazzo Vecchio in Firenze, nel Duomo di Orvieto, nel Palazzo dei Priori di Città di Castello e nel Palazzo dei Consoli. Soprattutto in quest’ultimo, che testimonia tutto il suo valore, c’è l’apoteosi delle conoscenze che Angelo aveva acquisito da Arnolfo e da Maitani, dei quali ne supera le regole. La numerologia, che nel Medioevo aveva anche un legame con il soprannaturale, serviva a dare indicazioni per proseguire l’opera. La costruzione dell’imponente Palazzo dei Consoli iniziò nel 1332 e teminò circa un secolo dopo, quando Angelo da Orvieto era già morto da tempo. Come avrebbero potuto le maestranze completarne la costruzione? Forse esistevano dei disegni che sono andati perduti, ma in realtà Angelo nell’edificare il primo piano del palazzo, quello a livello dell’Arengo, aveva già indicato il metodo per terminare la struttura, basandosi appunto su un preciso sistema metrico, nella ripetizione di moduli architettonici orizzontali, quali il portone principale e le bifore. Il susseguirsi di elementi ‘asimmetrici’ rintracciabili in tutta la facciata, conferisce al Palazzo una forza inusitata, testimoniando la genialità di Angelo nell’interpretare la cultura artistica del suo tempo, in un equilibrio derivante dal mondo classico ridefinito in forme gotiche ». A supporto delle analisi e dei raffronti eseguiti tra i palazzi, la pubblicazione di Rossi è arricchita da un’ampia documentazione grafica.
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Ultimo aggiornamento
21/12/2021
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